La cucina che vedi in questa foto è il posto in cui ho lavorato negli ultimi due anni e mezzo.
Questo è il luogo in cui ho conosciuto uno dei mestieri più strani e affascinanti del mondo, quello del cuoco.
Tra queste mura sono diventano uno chef di una piccola cucina di Londra.
Se me lo avessero detto prima di partire per l’Inghilterra non ci avrei mai creduto.
Il bello di trasferirsi a vivere all’estero o in un’altra città è che tutto cambia.
Tutto si rimette in discussione.
Davanti a te si aprono nuove porte a cui non avevi mai pensato prima.
Ti trasferisci in un altro paese con l’idea di fare una determinata cosa, magari il tuo lavoro di sempre, e davanti a te si creano dei percorsi alternativi a cui non avevi mai pensato.
Nuove opportunità che ti travolgono.
Nuovi percorsi che ti stravolgono.
Così la tua vita cambia radicalmente nel giro di pochi mesi.
Lascia che ti racconti brevemente la mia esperienza.
Racconto #1
Oggi è il primo giorno di una nuova vita professionale e lo voglio cominciare scrivendo questo articolo.
Dopo più di due anni di duro lavoro sono riuscito ad entrare a piccoli passi in una nuova vita professionale, quella che volevo.
Quella che stai leggendo è una piccola testimonianza di come un’esperienza di vita all’estero può cambiare la tua vita in meglio o in peggio.
Nel 2015 ho lasciato l’Italia per trasferirmi in Inghilterra.
Da Roma sono finito a Londra.
Quello che cercavo era una qualità di vita migliore, a cominciare dal lavoro.
Poi mi sono imbattuto nella mia prima vera esperienza di lavoro oltre confine: un disastro che mi ha cambiato per sempre la vita.
Nelle righe che seguono ti voglio raccontare brevemente della mia prima esperienza di lavoro all’estero.
Molto probabilmente se sei finito su questo blog è perché stai pensando di trasferirti in un altro paese, magari lo hai già fatto o perché vuoi cambiare vita.
La condivisione delle proprie storie e delle proprie esperienze è sempre d’aiuto.
Ci aiutano a non commettere gli errori che hanno fatto gli altri.
Ci aiutano a capire com’è una determinata situazione.
Ci aiutano a capire che ci sono persone nella nostra stessa situazione (e che bello sapere che non siamo soli).
Ci ispirano se siamo fortunati.
Questa è la missione di queste righe che stai leggendo al termine delle quale mi piacerebbe anche conoscere la tua ti esperienza, qualunque essa sia.
Lascia che ti dica una cosa che ho vissuto sulla mia stessa pelle.
La cosa più comune che facciamo in Italia è vedere “l’estero” come un “paese” in cui le cose funzionano meglio.
La verità è che non funzionano né meglio e né peggio: funzionano diversamente.
Questo significa che per alcuni la vita in un altro paese migliora e per altri no.
Prima di partire non sapevo questa cosa.
La mia prima esperienza di lavoro all’estero
Il mio primo vero lavoro a Londra è stato dentro una grande compagnia che si chiama Zetter Group.
Sottolineo “mio primo vero lavoro” perché prima di questa esperienza avevo lavorato part time dentro un pub.
Lo Zetter Group è una compagnia che oggi ha tre alberghi a Londra, due ristoranti nella stessa città e che il prossimo anno dovrebbe anche aprire un nuovo e grande hotel a Manchester.
Sono finito a lavorare in questa compagnia dopo qualche mese che ero a Londra.
Il motivo principale sono stati i soldi.
Il lavoro che facevo al pub non mi bastava più per mantenermi.
Assieme a quest’ultimo continuavo a coltivare la mia passione per la scrittura ma i lavori che riuscivo a fare online non mi permettevano di pagare l’affitto.
Inoltre quell’anno la sterlina era ancora molto forte e tutti i pagamenti che prendevo dall’Italia si riducevano fortemente con il cambio.
Un ragazzo con cui avevo lavorato anni prima a Roma, Francesco, si era trasferito anche lui a Londra.
Proprio in quel periodo mi contattò per sapere come andava la mia esperienza a Londra e per farmi sapere che l’azienda per cui lavorava, lo Zetter Group, era alla ricerca di personale.
Accettai l’offerta di Francesco e dopo pochi giorni mi ritrovai a lavorare dentro un piccolo e lussuoso hotel nel centro di Londra, a Marble Arch.
Lo sconforto non tardò ad arrivare.
Dal lavoro d’ufficio alla cucina
A Roma lavoravo dentro un ufficio.
Volevo qualcosa di più della mia vita e così avevo deciso di partire.
Tuttavia non immaginavo che mi sarei trovato nel giro di qualche mese dentro una cucina.
Che sconforto.
Venni assunto per sistemare e pulire le stanze dall’albergo.
Odiavo quel lavoro.
Avevo sistemato la mia situazione monetaria, grazie a quel lavoro potevo vivere.
Tuttavia non mi capacitavo di come fossi finito così in basso.
Non era una questione legata a quel settore.
Era un lavoro che non mi piaceva.
Era un lavoro che non c’entrava nulla con quello che volevo fare.
Era un lavoro per cui non mi capacitavo di aver fatto più di 2000 km.
Avevo superato i 30 e mi sentivo di aver fatto una scelta davvero sbagliata per la mia vita.
Mi sentivo davvero giù.
Che fatica ogni giorno andare a lavoro dalle 8 alle 18 e sistemare quelle stanze.
Che fatica spiegare a chi mi scriveva dall’Italia quello che stavo facendo.
Il lavoro in cucina
Dopo poche settimane di lavoro venni a scoprire che si stava liberando un posto in cucina.
Cercavano un kitchen porter, un lavapiatti.
Avrei preso qualche soldo in più e come orari era migliore: lavoravo o la mattina o la sera, così avevo il tempo libero per fare altre cose.
Ma soprattutto: potevo liberarmi da quel lavoro che aveva messo il mio umore sotto i piedi.
Se ti stai chiedendo perché non ho cercato un altro impiego il problema era la lingua.
Ero arrivato da pochi mesi e l’errore che avevo fatto era di non avere una buona padronanza della lingua, così mi dovevo accontentare di quello che trovavo.
Mi proposi per il lavoro in cucina.
Mi presero.
Non sono mai stato uno a cui piace cucinare.
A Roma ero solito a farmi della pasta in bianco con un filo d’olio, a cuocere le verdure surgelate e ad aprire barattoli di legumi in vetro perché non ricordo dove ma ho letto da qualche parte che i cibi conservati nella latta possono essere cancerogeni.
Queste erano le mia abilità in cucina.
Difatti partii come lavapiatti.
Non so bene cosa successe dentro di me ma mi innamorai dopo pochi giorni di quel lavoro.
Lavoravo con un giovane chef italiano di nome Mattia che poi ha fatto strada in cucina.
Sarà stata la sua passione ad influenzarmi, sarà stata la necessità di cambiare qualcosa nella mia vita, sarà stato scoprire un folle mondo, quello degli chef.
Mi innamorai della cucina.
Passavo le mie giornate lavorative a lavare i piatti e come avevo un minuto di tempo libero chiedevo allo chef di turno se poteva mostrarmi qualcosa.
Nel giro di pochi mesi imparai tutto il menù.
Abbandonai tutti i siti per i quali scrivevo da casa.
Avevo voglia di prendermi una pausa dalla scrittura.
Volevo cucinare.
Tutto quello che imparavo a lavoro provavo a rifarlo a casa.
Da KP a chef
Andai avanti in questo modo per diversi mesi fino a quando Mattia passò ad una cucina prestigiosa.
Si liberò un posto come chef e fui promosso.
Che emozione.
Cominciai a lavorare seriamente come chef e finalmente non dovevo più lavare i piatti.
Ero impazzito per questo mestiere.
Cucinare è davvero faticoso.
Stare tutto il giorno a contatto con il calore dei forni non è facile.
Si lavora sempre sotto stress.
Quando la sala si riempie di clienti devi essere veloce a preparare quello che ti viene chiesto.
Quando la sala è vuota devi essere veloce a cucinare tutte quelle cose che poi ti serviranno per il prossimo servizio.
Non si finisce mai e ci sono sempre mille imprevisti:
clienti con intolleranze e allergie ai quali devi adattare un piatto;
un fornitore che ritarda ad arrivare;
un collega che si ammala e il tuo lavoro che si duplica;
uno strumento che si guasta durante il servizio.
Un giorno si è rotto il condizionatore principale quando il ristorante era completamente pieno.
Abbiamo lavorato per cinque ore di fila con una temperatura di circa 35 gradi, poi siamo stati costretti a spegnere i forni.
La cucina è un posto che ti insegna ad essere duro, resistente.
Ho imparato a gestire meglio lo stress davanti ai fornelli.
Lavorare a contatto con gli chef non è mai facile: sono come gli artisti, tutte personalità particolari.
Per mesi e mesi sono andato avanti così fino ad arrivare a prendere una buona promozione come Chef de partie.
In pratica ero arrivato al vertice della cucina da cui avevo cominciato.
Ero partito come lavapiatti e mese dopo mese, anno dopo anno, il mio lavoro era stato ripagato con un buon scatto di carriera e soprattutto un buono stipendio.
Se c’è una cosa che in Inghilterra non manca è la meritocrazia e la mia esperienza ne è stata da esempio.
Nonostante questo la mia passione per la scrittura tornò piacevolmente a tormentarmi.
Il mio nuovo lavoro
Ero chef e se avessi continuato avrei potuto avere una buona carriera come tale.
Tuttavia la voglia di ricominciare a scrivere e di studiare comunicazione tornò piacevolmente a tormentarmi.
Non sapevo bene da dove ricominciare.
Avevo lasciato le aziende italiane con cui avevo lavorato e questa volta avevo voglio di fare qualcosa di diverso.
Avevo voglia di raccontare la mia esperienza.
Sapevo che tanti giovani e meno giovani in Italia stavano per affrontare tutto quello che stavo passando io.
Sapevo che la maggior parte dei miei coetanei (e non solo) era abituata a pensare che all’estero tutto è migliore ma io con la mia esperienza avevo capito che non era così.
Avevo capito che tutto è diverso.
Decisi che volevo raccontare la mia esperienza e così è nato il blog che stai leggendo.
Rimasi davvero sorpreso nel vedere che nel giro di poco tempo cominciarono ad essere tante le persone che leggevano le informazioni che scrivevo sulla mia vita all’estero.
In molti mi scrivevano per avere consigli su argomenti specifici.
Non era facile gestire il blog dato che scrivere un contenuto mi portava via diverso tempo e dato che dovevo studiare tanti aspetti che non avevo curato fino a quel momento, come ad esempio creare un sito, inviare una newsletter, scrivere con regolarità e trovare anche il tempo per rispondere ai lettori.
Dato che il blog aveva il fine di aiutare chi si trasferiva all’estero e chi viaggiava mi sentivo in dovere di rispondere a tutti ed è una cosa che faccio tutt’oggi.
Di buono c’era che il lavoro in cucina mi lasciava libero o la mattina o il pomeriggio.
Di contro è che il lavoro come chef è molto stressante, soprattutto se devi gestire una cucina (seppur piccola): ordini, personale, imprevisti, tutto dipende da te.
Per due anni, con grande fatica e con grande soddisfazione, ho fatto entrambe le cose e non solo.
Per migliorarmi ho dovuto studiare tutti gli aspetti che non conoscevo.
Ho fatto un corso di comunicazione digitale.
Ho fatto un corso di programmazione.
Ho fatto un corso di digital marketing.
Dopo quasi due anni di grandi sacrifici è arrivata la soddisfazione più grande: un’azienda italiana mi ha contattato per lavorare ad un loro progetto.
Si tratta di un lavoro come freelance che ho iniziato quest’anno e che mi ha dato la possibilità di lasciare il mondo della cucina.
Così, dopo grandi sacrifici, oggi comincia questa nuova avventura.
Continuerò a svolgere questo lavoro da Londra con la possibilità di migliorarmi giorno dopo giorno.
Come freelance avrò anche la possibilità di viaggiare di più per scrivere nuove guide e per conoscere molti di voi che sono in viaggio come me.
Ho lasciato il mondo della cucina con gratitudine, da esso ho imparato davvero molto.
L’ultimo giorno di lavoro la più grande soddisfazione me l’ha data l’Head Chef della compagnia dicendomi che se un giorno avrò bisogno di un lavoro non devo fare altro che chiamarlo.
Che cosa ho imparato da questa mia esperienza di lavoro
Chiudo questo articolo ringraziandoti di aver letto questo mio racconto fino alla fine e spiegandoti che cosa ho imparato per la mia vita da questa esperienza.
1 – L’età non è mai un limite: a 32 anni sono diventato chef.
A 33 ho avuto una bella promozione come cuoco.
A 34 anni, dopo aver studiato, sono riuscito intraprendere questa nuova carriera come freelance.
Qualunque sia la tua situazione ricorda che l’età non è mai un limite e che molti paesi, soprattutto nel Nord Europa, non guardano gli anni che hai ma quello che sai fare.
Quindi se ha voglia di cambiare la tua vita comincia da ora.
2 – Informarsi sempre: se hai voglia di andare a vivere in un altro paese, in una città diversa o di cambiare la tua situazione informati prima di fare qualsiasi cosa.
L’errore più grande che ho fatto quando mi sono trasferito è quello di non essere informato.
Sarei dovuto partire con un buon livello di inglese.
Sarei dovuto partite con un buon curriculum già tradotto.
Sarai dovuto partire più preparato.
Non rimpiango nulla perché è stata un’esperienza pazzesca ma credimi che ho passato delle giornate veramente dure.
3 – Nulla è per sempre: ho sentito questa frase mille volte ma nel momento in cui avrei dovuto ricordarla non l’ho fatto.
Nulla è per sempre.
Se sei in un momento di difficoltà questo passerà.
Se il lavoro che stai facendo non ti piace prova a cambiarlo.
Se la tua attuale vita non ti soddisfa più cerca nuove avventure.
La tua attuale posizione non è per sempre.
Il mio primo lavoro a Londra è stato veramente duro ma una delle cose che mi ha dato forza è quella di pensare che si trattava di una cosa passeggera, che non sarebbe stato per sempre.
Questo si collega all’ultimo punto che chiude questo articolo.
4 – Bisogna avere un piano: avere un piano nella vita è fondamentale.
Indipendentemente da quello che vuoi essere.
Indipendentemente da dove vuoi arrivare.
Hai bisogno di un piano.
Lavora ogni giorno al tuo obiettivo, anche se solo per un’ora se non hai molto tempo.
Ma fallo.
Da adesso.
Avendo un piano riuscirai a rimanere concentrato sul tuo percorso fino ad arrivare alla meta.
Conclusione
Le altre mie esperienze le trovi dentro questo blog, assieme a quelle dei nostri collaboratori e dei lettori che ci hanno scritto.
Se hai voglia fammi conoscere la tua esperienza.
A presto
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